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Sapori & Essenze                            

 

 

La formaggetta di Montebore
Montebore è una frazione del comune di Dernice, in Val Curone, ma sullo spartiacque tra le valli del Grue e del Borbera. Un angolo di selvaggia bellezza, un pugno di case sovrastate da una roccia di arenaria scavata dai calanchi. Sulla sommità i resti di un castello, o torre saracena che fosse. La fama del luogo, però, è legata a una formaggetta di latte vaccino e ovino la cui storia è antichissima.
Già conosciuto nel XII secolo, del Montebore, per secoli prodotto ed esportato verso Genova e la Lombardia, se ne era persa ogni traccia. Grazie ad una accurata ricerca, da parte di un esponente del locale presidio di Slow Food, è stato letteralmente "resuscitato", rintracciando la signora Bracco, ultima depositaria della tecnica casearia tradizionale, che si era resa disponibile per riavviare la produzione. E il Montebore è così diventato lo "scoop " di Cheese '99, conteso dalla stampa mondiale. Una fama meritata, peraltro, per l'originalità di questo formaggio a latte crudo, 75% vaccino, 25% ovino, dalla forma unica (un tronco di cono a gradoni, modellato sul rudere del castello: il "castellano ", appunto) e dal sapore antico, che può essere gustato fresco, semistagionato (15 giorni) o da grattugia.
Per comprare il Montebore bisognerà avere ancora un po' di pazienza in quanto la produzione è ancora limitata.

Le Fagiolane
La gastronomia della remota Val Borbera ha una sua fisionomia specifica, legata all’utilizzo di materie prime e preparazioni tradizionali. Il simbolo di questo territorio sono le fagiolane, varietà rampicante di fagiolo importata nel `500 dalla Spagna per opera della famiglia Spinola. Allevata con il sistema delle "Carasse (bastoni legati a coppie), è simile al bianco di Spagna, ma più grande e con buccia più consistente, dal sapore delicato, ma resistente alla cottura così da essere servita sia come insalata, ad es con tonno e cipolle o al tartufo nero, sia usata come base per altri piatti proposti in molti ristoranti, come la trippa e la capra in umido.

 


Patata Quarantina

Un' altro prodotto tipico è la patata quarantina, chiamata così per la precocità, seminata a marzo si raccoglie a settembre-: si tratta di un tubero tondeggiante coltivato al di sopra dei 400- 500 m, dalla pasta bianca e buccia color crema, senza dubbio la più famosa delle patate delle montagne genovesi. Diffusa dalla fine del settecento a partire dalla Val Fontanabuona, si è radicata in tutte le valli attorno a Genova, compresa la Val Borbera; abbandonata a seguito dello spopolamento delle montagne, ne è stata ripresa la coltivazione a metà anni '90 e oggi si può acquistare presso le aziende e i negozi aderenti al Consorzio di Tutela.
Recentemente è stato richiesto l'inserimento della valle nelle zone a d.o.p. (denominazione d'origine protetta). Sono ottime da sole cotte sulla brace o accompagnate allo stoccafisso, al coniglio e ai funghi
.

Funghi
 I funghi sono tra le bandiere che questo territorio sventola con orgoglio; fanno parte delle tipicità alle quali è legata l'immagine del territorio della Comunità Montana Valli Borbera e Spinti. La zona è ideale per produzioni di pregio e qualità. Senza ombra di dubbio si può affermare che queste Valli sono tra le più quotate dell'alessandrino per la raccolta dei funghi porcini, la specie più conosciuta ed apprezzata in Italia. Il fungo, purtroppo, essendo un prodotto vincolato alle condizioni climatiche, dà una produzione discontinua ed è presente sul mercato per periodi molto brevi. La raccolta dei funghi è una vali da integrazione di reddito e un meritato premio per tante famiglie che abitano la valle, in particolare per quelle che sono proprietarie dei boschi, che con il loro lavoro riescono a salvaguardarli da danneggiamenti. I funghi, sia freschi sia essiccati, compaiono in molte ricette tradizionali, dalle frittate ai ragù; sono i principi (insieme ai tartufi) della tavola presso tutti i ristoranti delle Valli.

Tartufi
Nella stagione autunnale le Valli Borbera e Spinti profumano di tartufo. E' il grande momento della "perla della cucina" e i buongustai si danno appuntamento in questa zona alla ricerca del prezioso tubero. Qui se ne producono ben tre tipi, tutti di grande pregio: Tuber Magnatum Pico (tartufo bianco: involucro liscio. colore giallo-ocra pallido, carne con venature bianche) e il tipo più profumato e di più alto valore commerciale; Tuber Melanosporum Vittadini (tartufo nero: si presenta scuro e verrucoso, ha carne scura con venature chiare) è anch'esso molto profumato e ricercato; Tuber Aestivum Vittadini (tartufo d'estate, scorzone: molto simile al precedente con il quale spesso si confonde) è mangereccio ma meno pregiato. La struttura dei terreni di crescita, l'omogeneità del suolo e l'assenza di sassi nel sottosuolo hanno creato l'ambiente la diffusa produzione in quest'area. La maturazione, che di norma avviene a novembre, è l'elemento essenziale che garantisce la qualità: da essa derivano profumo e gusto. Anche il colore della polpa ha un ruolo importante nella definizione della qualità. Questo può variare dalla specie di albero con cui il tartufo nasce e si sviluppa in simbiosi: nocciola con la quercia, molto chiaro con il pioppo, rosato con il tiglio. Una tipicità della Val Borbera sono le uova al tartufo ottenute accostandole al tubero a circa 38° gradi: in questo modo la fragranza passa alle uova, dando origine così a un prodotto davvero unico.

Castagne
Anche in queste valli in epoche ormai lontane il castagno veniva chiamato "albero del pane". Per secoli il suo frutto, la castagna, è stato l'alimento base per le genti che abitavano le colline e le montagne della provincia. Poi, lentamente, in questi ultimi decenni, a causa del progressivo spopolamento della montagna, si è assistito all'abbandono del suo utilizzo. Oggi nei castagni rimasti possiamo leggere le storie, la vita, i duri sacrifici dei nostri avi. In Piemonte sono ormai poche le aree dove viene ancora tenuto in debita considerazione: una di queste è la zona montagnosa che fa da cornice alla Val Borbera. Qui i castagneti sono stati mantenu ti ti e destinati alla raccolta delle castane. Un lavoro, quest'ultimo non lacile e faticoso che deve essere fatto a mano per raccogliere solo il prodotto caduto a terra, evitando la battitura dei ricci ancora sui rami. La maggior parte del raccolto è destinato alla produzione di farina di castagna, il rimanente viene destinato al consumo fresco a favore di pochi estimatori che ne sanno ancora apprezzare il gusto. In passato erano molto utilizzate per ricavarne farina per il pane o per primi, ad esempio le trofie; oggi sono un'ottima base per dolci squisiti. Ottime al rum, bollite nel latte e come base per il castagnaccio.

Mele Carle
Altrettanto famose e succulenti per le torte sono le mele carle della Val Borbera, acidule e dalla pasta finissima, la cui coltivazione, in passato abbandonata, è stata oggi ripristinata.

Capra con fagiolane
In particolare segnaliamo una autentica rarità, la capra e fagioli. Fino a pochi anni fa sui monti liguri solo due trattorie la includevano nel menu e soltanto a San Clemente di Dova il legume usato era la fagiolana valborberina. Oggi quel locale ha cessato l’attività, ma a Pallavicino Renzo Stevano ha compiuto un salvataggio “filologico” di questo stufato, recuperando la ricetta alla fonte.

I formaggi
Un vero e proprio viaggio alle radici della cultura valligiana,  come quello che la cooperativa di Borgo Adorno sta facendo con un progetto di rilancio dell’arte casearia, in particolare per i formaggi caprini, in collaborazione con l’Università di Milano. Una iniziativa importante, dopo che l’ultima generazione di casari si era estinta e si rischiava di perdere una tradizione che risale alle abbazie benedettine dell’alto Medioevo, se non agli antichi popoli liguri.


                             Le ricette locali raccomandate   

Terrina di pane e di funghi porcini    Ricetta Albergo Ristorante da Bruno
Ingredienti: (per 6 persone)
600 grammi di funghi porcini; 150 grammi di prosciutto
cotto tagliando molto sottile
8 fette di pane da toast; 114 di litro di latte;
30 grammi di burro; 40 grammi di parmigiano; 40 grammi di fontina; un ciuffo di prezzemolo; uno spicchio d'aglio; un bicchiere di vino bianco

         Fate saltare i funghi in padella con, burro, prezzemolo e aglio tritati. Quando i funghi sono rosolati,aggiungere il vino bianco e proseguire la cottura. Preparare il flan nella seguente maniera:mettere in una terrina le fette di pan carrè ammollate nel latte, le fettine di prosciutto e cucchiaiate di funghi trifolati, e una manciata di parmigiano grattugiato. Ripetere gli strati fino all'esaurimento degli ingredienti. Terminare con fiocchi di burro, parmigiano e fettine di fontina.
         Infornare a temperatura media e servite il piatto caldo direttamente dalla terrina

Filetti di trota ai porcini  Ricetta Ristorante Belvedere
4 filetti di trota
due porcini di media grandezza prezzemolo
olive taggiasche pinoli
salvia, rosmarino e uno spicchio d'aglio

        Schiacciare l'aglio e metterlo in una padella con un po' olio extra vergine, prima che prenda colore mettervi i porcini e farli saltare per un attimo e aggiungere il prezzemolo. In un'altra padella mettere un po' d'olio con uno spicchio d'aglio schiacciato, aggiungere il rosmarino e la salvia, mettete i filetti dalla parte della pelle e fare soffriggere per un po', spolverizzare poi con poca farina, aggiungere i porcini, bagnare con dei buon vino bianco, aggiustare di sale e pepe e finire la cottura. Servire subito avendo cura di non rompere i filetti.

Cosciotto di agnello  Ricetta Albergo Ristorante Il Mulino
Ingredienti per 6 persone
1 cosciotto di agnello di circa 1,5 Kg, 4 folti rametti di menta fresca; I piccola testa d'aglio; 80 g. di Asiago stagionato, 100 g. di pancetta tesa dolce a fettine sottili; I dl di vodka al limone, 4 limoni non trattati; 2 dl di vino bianco secco; olio extra vergine di oliva, I cucchiaio di zucchero; sale; pepe


Risotto al Montebore piselli e fave   
Ricetta Albergo Ristorante  Stevano
Dosi per 4 persone:
300 grammi di riso Carnaroli; 5 cucchiai d'olio extra vergine;
I cucchiaino di cannella; I peperoncino fresco; I cucchiaio di zucchero; 150 gr. di piselli 500 gr. di formaggio Montebore; sale
       
Tagliare il formaggio a cubetti, rosolarlo in olio e porre l'olio con il quale avete fritto il formaggio in una teglia, aggiungere il rimanente olio, scaldarlo mescolando la cannella e il peperoncino sminuzzato; unire il riso, i piselli, le fave, lo zucchero e poi il sale. Cuocere amalgamando per sette-otto minuti quindi unire mezzo litro d'acqua e far bollire. Coprire e tenere in lenta ebollizione per venti minuti. Aggiungere il formaggio fritto, amalgamare delicatamente, lasciare riposare per qualche minuto e servire.

Bonet       Ricetta Albergo Ristorante Morando
250 gr. di latte; 3 uova; 75 gr. di zucchero; 30 gr. di cacao amaro; SO gr. di amaretti.
      
Mettete in uno stampo 4 cucchiai di zucchero passateli sulla fiamma e fateli sciogliere, rigirate lo stampo in modo che lo zucchero caramellato si depositi sulle pareti.
Unire in una zuppiera l'altro zucchero rimasto, I uovo intero, 2 tuorli, il cacao e gli amaretti sbriciolati, mescolare bene e diluire con il latte caldo. Versare il composto nello stampo con lo zucchero precedentemente caramellato e metterlo a bagno maria e passare al forno (I 80°)
A cottura ultimata lasciare raffreddare, rovesciare e servire a fette decorandolo con panna montata.

Fagiolane della Val Borbera alla Ripa Rossa Ricetta Rist. Da Vito
250 gr. di fagiolane della Val Borbera 1 /2 cipolla
I foglia d'alloro
I rametto di rosmarino 25 ci. di vino rosso 2 cucchiaini di brandy burro, sale e pepe q.b.

        Rosolate la cipolla tagliata fine con il burro e rosmarino per 10 minuti a fuoco basso. Sfumare con il brandy e poi il vino rosso; aggiungere le fagiolane della Val Borbera precedentemente bollite e lasciate un po' al dente, aggiustare di sale e pepe continuando la cottura per altri 5/6 minuti.

Mele carle in pastella      Ricetta Albergo Ristorante Capanne di Cossole
300 gr. di farina; 150 gr. di zucchero; I uovo e I tuorlo d'uovo; birra q.b.
Sbucciare le mele e togliere il torsolo.

        Tagliarle a rondelle.
Amalgamare i vari ingredienti, tuffare le mele nella pastella e friggere in olio bollente.

Cinghiale gustoso        Ricetta Albergo Bar Ristorante Alpi
I Kg di cinghiale,
I bottiglia vino bianco; 1/5 bicchiere d'aceto,
cipolla, carota, aglio, alloro, olio, burro, sale, pepe.

        Versate in una pentola il vino e l'aceto. Aggiungete tutti gli aromi e sale. Fate cuocere per 15 minuti. Ritirate dal fuoco.
Fate marinare, in un tegame scaldate l'olio, rosolatevi la carne sgocciolata.
Quando è colorita salate e pepate. Cuocere per 30 minuti.

Semifreddo al croccante     Ricetta Albergo Ristorante Cacciatori
80 gr di mandorle spellate, 250 gr. di panna da montare, 2 tuorli, 140 gr. di zucchero, un poco d'olio.
        Ungete con poco olio un piano di marmo. Mettete in una casseruola 70 gr di zucchero e 2 cucchiai d'acqua, ponete la casseruola sul fuoco e fate fondere lo zucchero. Togliete dal fuoco e aggiungervi le mandorle, ponetela di nuovo sul fuoco moderato, mescolando, continuate la cottura fino a quando lo zucchero avrà assunto un bel colore dorato. Versate il composto su piano di marmo e lasciatelo raffreddare.Tritate quindi il croccante ottenuto. In una terrina, montate la panna, in un'altra lavorate i 2 tuorli con lo zucchero rimasto, incorporatevi il croccante tritato e la panna montata. Fate riposare il dolce in congelatore per almeno 3 ore, quindi, capovolgetelo sul piatto sul piatto di portata e decoratelo con fiori di mandorle e foglie di cioccolato.

Latte Brusco     Ricetta Albergo Ristorante Da Luciano
Ingredienti e dosi (per 4 persone)
I Litro di latte; 8 cucchiai grossi di farina bianca; 4 tuorli d'uovo, I spicchio d'aglio; 2 cucchiai di prezzemolo tritato e sale.

         Stemperare la farina nel latte senza che si formino grumi.
Amalgamare nell'impasto l'aglio finemente tritato e il prezzemolo quindi salare e portare a cottura per circa 20 minuti. (deve essere molto denso).Togliete dal fuoco e aggiungere, sempre mescolando, i tuorli d'uovo; Stendere l'impasto in piatti lasciando di circa 2 centimetri di spessore e farlo raffreddare, quindi tagliarlo a listelle rettangolari a proprio piacere, passarlo in uovo e pane grattato e friggere in olio d'oliva.

Fagiolane Val Borbera al verde   Ricetta Albergo Ristorante Cornareto
250 gr. di fagiolane della Vai Borbera 1 /2 cipolla, 1 spicchio di aglio, un mazzetto di prezzemolo. sale, pepe, olio extravergine d'oliva.
Preparate un trito finissimo di prezzemolo ed aglio; aggiungere abbondante olio d'oliva, aceto e sale. Condite le fagiolane bollite e servitele tiepide.

 Pesche alla crema d'amaretto       Ricetta Ristorante Dei Cacciatori
Dosi per 4 persone
8 mezze pesche sciroppate con il loro liquido di conservazione; I bicchierino di Marsala 100 g di cioccolato fondente 2 cucchiai di latte; 6 amaretti 200 g di ricotta; 8 ciliegie candite
       Disponete in un piatto le mezze pesche con il buco rivolto verso l'alto, bagnatele con il marsala e ponete in frigorifero e a riposare per 30 minuti.
Nel frattempo lavorate in una ciotola la ricotta con 2 cucchiai di sciroppo delle pesche fino ad avere una crema.
Aggiungete gli amaretti sbriciolati e mescolate, col composto ottenuto riempite i fori delle pesche. Sciogliete il cioccolato con il latte a bagnomaria, quindi versatelo sulle pesche ripiene. Decorate con una ciliegina e servite.

Strudel di mele renette della Val Borbera  Ricetta: Ristorante Ponte
Ingredienti e dosi per quattro persone Per la preparazione della pasta: gr. 150 di farina; I uovo; 50 gr. di burro; 30 gr. di zucchero; un pizzico di sale.
Per il ripieno: quattro mele renette della Val Borbera; una manciata d'uvetta; una manciata di pinoli Sbucciare e affettare le mele, aggiungere l'uvetta e i pinoli.
       
Stendere la pasta molto sottile e distribuirvi sopra l'impasto aggiungendo un cucchiaio di zucchero. Arrotolare il dolce e infornare alla temperatura di 180° per circa 40 minuti.

Fagottini di cinghiale bardato con polenta      Ricetta Ristorante Il Fiorile
Ingredienti per 4 persone: Gr. 2250 di carré di cinghiale; Gr. 200 di polenta ;lardo d Arnad, scalogno, alloro, timo,carota ginepro (bacche) sedano maggiorana; cipolla, burro, vino bianco, porto ,, rosso„,brodo vegetale, olio extra vergine d'oliva,; sale, pepe.
           
Disossiamo il carré e affettiamolo ricavandone le lombatine;conserviamo le ossa in una ciotola. Facciamo marinare le lombatine col vino bianco, abbondante alloro e scalogno per almeno un'ora. Spezzettiamo le ossa dei carré e facciamole arrostire in forno con un filo d'olio finché non saranno ben tostate, poi passiamole in un tegame, copriamole d'acqua e uniamo sedano, carota, cipolla, sale e facciamo bollire, a fuoco medio, per circa un'ora; in seguiro filtriamo ottenendo il fondo bruno Ritornando alle lombatine, le coliamo dalla marinatura e dopo aver tagliato il lardo avvolgiamo la carne come se dovessimo impacchettarla, aiutandoci con dello spago da cucina. Mettiamo in padella con un filo d'olio e con lo scalogno della marinatura unito a sale, pepe, timo, ginepro e maggiorana; stufiamo il tutto per una decina di minuti abbondanti. Riportiamo il nostro fondo bruno in padella, aggiungiamo un dito di Porto e facciamo bollire per ottenere una salsina da legare con una noce di burro; questa salsa sarà il condimento del cinghiale. Ultima operazione: prepariamo la polenta. Il rapporto ideale per cuocere una farina di mais integrale a grana grossa è di un litro d'acqua ogni 200 grammi di polenta. Un po' di olio extravergine d'oliva contribuirà ad insaporire ulteriormente la nostra polenta che avrà bisogno di molto tempo per cuocere, fino a due ore!
Suggerimento: servite il cinghiale contornato dalla polenta e guarnito con fettine di tartufo nero.

 Zuccotto di porro salsiccia e patate   Ricetta Albergo Ristorante Alpino Cosola
1 kg di patate quarantine, 350 gr di salsiccia, 4 porri, 1 uovo, aglio, parmigiano grattugiato, burro, olio di oliva, sale e pepe.
         Lessare 3 porri, scolarli e farli asciugare.Tagliare a rondelle I porro e rosolare in padella con olio burro aglio e le patate pelate e tagliate a rondelle. Passare la salsiccia al mixer con metà del composto di patate, riempire i porri e cospargerli di parmigiano, formare dei piccoli cannelloni e tagliarli a rondelle. Rivestire uno stampo per zuccotto con le rondelle, riempire con il resto delle patate e passatelo in forno a 190 gradi per 30 minuti. Sfornate e lasciate intiepidire nello stampo prima di sformarlo e servirlo.

 

 

Il vitigno autoctono Timorasso
Nel vasto e prestigioso panorama vitivinicolo alessandrino un posto di una certa importanza spetta al Timorasso. Si tratta di un vitigno autoctono a bacca bianca di qualità, coltivato nelle Valli Curone, Grue, Ossona e Val Borbera. In quest'area la vite trova un valido "habitat" grazie al terreno, al lungo soleggiamento e per la posizione al riparo dei venti.
La sua produzione è assai limitata, ma di alta qualità. Il vino che se ne ricava, di buona struttura, è assai rinomato tra i buongustai; appartiene all'ultima generazione dei "bianchi" della provincia di Alessandria, nonostante le sue origini antiche. Il Timorasso, infatti, è un vino che gli agricoltori di queste zone hanno prodotto ,fin da tempi remoti, ma che solo in anni recenti, verso la fine degli anni ottanta, dopo un lungo periodo di abbandono, hanno ripreso ad impiantare. Il grappolo si presenta mediogrande; è abbastanza compatto, allungato. I suoi acini sono di media grandezza. sferici, con buccia di colore verde-giallo spessa e resistente; la polpa è carnosa e di sapore neutro. La foglia, pentalobata, non è tanto grande; è di colore verde scuro con la parte inferiore che presenta una leggera lanuggine e con nervature marcate. Il picciolo è lungo, di colore verde e venature rosso-violaceo. La produttività del Timorasso è decisamente incostante; in compenso è abbastanza resistente alle malattie e agli eventi atmosferici. La sua vigoria vegetativa è inferiore alla media delle uve bianche. Il vino che viene prodotto è bianco asciutto, corposo e più alcolico del Cortese. Recentemente i dati di alcune prove lo indicano anche adatto ad un breve invecchiamento.
Il Timorasso ha tutte le carte in regola per entrare a far parte dei giusti abbinamenti nella cucina del territorio e diventare quel "qualcosa in più" da proporre fuori dai confini locali.


Il concorso enologico Premio Marengo Doc, organizzato da Asperia, (azienda speciale della Camera di Commercio di Alessandria), è l'evento più rappresentativo della qualità dell'enologia provinciale.
I vini vincitori dell'ultima
edizione, la 28°, saranno presentati in occasione della Rassegna Enogastronomica della vai Borbera, in abbinamento ai menù offerti dai diversi ristoratori. Di seguì vengono sommariamente illustrati i vitigni tipici della provincia alessandrina:

BARBERA
II Barbera nasce nel Monferrato come "frutto spontaneo": di questo vitigno, eccetto una citazione in un documento dei XVII sec., non esiste alcun riferimento storico. A dispetto di ciò il vino prodotto dalle sue uve è ciò che meglio rappresenta la terra e la gente del Monferrato: rustico, chiuso, silenzioso,
forte. Ricco di corpo, di acidità e di tannini, da giovane piacevolmente pungente, è vino da buon invecchiamento: il suo colore, da rosso rubino intenso, si trasforma con gli anni, in rosso granato così come il sapore ed il profumo, particolarmente intensi, vinosi e fruttati, si attenuano e si armonizzano piacevolmente. E' vino robusto, per una cucina degna dello stesso aggettivo: si sposa alla perfezione con carni rosse, tajarin, stufati, rosticciata e gli altri tipici piatti monferrini. Sei sono i vini, prodotti nella provincia di Alessandria, derivanti da uve di Barbera: Barbera dei Monferrato (D.O.C.); Colli Tortonesi: Barbera (D.O.C.); Barbera d'Asti (DO.C.); Piemonte Barbera (D.O.C.); Gabiano (D.O.C.); Rubino di Cantavenna (D.O.C.)

DOLCETTO
La prima citazione, risale al 1593; da allora, esso prospera su un'ampia parte del territorio della provincia alessandrina, dando i risultati migliori nell'acquese e nell'ovadese. Nel vino dato da questo vitigno nulla ricorda il sapore dolce delle uve con le quali è prodotto se non il nome: Dolcetto.
Di colore rosso rubino, con riflessi violacei, a volte molto intensi e con un profumo fragrante e fruttato, il Dolcetto è, infatti, un
vino secco per eccellenza: sono proprio il sapore ammandorlato ed un gradevole retrogusto amarognolo a renderlo adatto a tutti i tipi di piatti e per tutto il pasto, anche se il sodalizio perfetto si realizza con le carni bianche e primi piatti gustosi come il risotto ai funghi o ai tartufi. Quattro sono i vini, prodotti nella provincia di Alessandria, derivati dalle uve di Dolcetto: Dolcetto d'Acqui (D.O.C.); Dolcetto d'Ovada (D.O.C.); Monferrato Dolcetto (D.O.C.) Colli Tortonesi: Dolcetto (D.O.C.)

GRIGNOLINO
II "Barbesino", come si diceva in tempi passati, è un vitigno di origine casalese-astigiana: la prima citazione della sua coltivazione si trova in documenti del XIII sec. nei quali lo si definisce "bonis plantis". In realtà, il vino Grignolino, di colore rubino chiaro, di profumo delicato e poco intenso, leggermente erbaceo e di sapore tannico, amarognolo e vivace, è
famoso per il suo carattere anarchico, incostante da annata ad annata. Vino certamente non facile che, però, nell'800, si conquistò il favore dei re e della nobiltà sabauda, possiede pregi difficilmente riscontrabili in altri vini rossi, soprattutto per quanto concerne gli abbinamenti enogastronomici: oltre ad esaltare i sapori di cibi grassi è, infatti, capace di affiancare con raffinatezza piatti a base di pesce e si rivela assai piacevole in estate se degustato fresco a temperatura di cantina. Due sono i vini, derivati dalle uve di Grignolino, prodotti nella provincia di Alessandria: Grignolino del Monferrato Casalese (D.O.C.); Piemonte Grignolino (D.O.C.)

CORTESE
La prima citazione storica del Cortese (in dialetto "courteisa", al femminile), risale al 1630 ed è riferita alle terre di Montaldeo.
Sin da tempi remoti, infatti, le uve di Cortese hanno trovato il loro habitat ideale nella provincia alessandrina, in particolare nelle zone del tortonese, dell'acquese e nei dintorni di Novi Ligure (Gavi può essere, a buon diritto, considerata la patria di questo vitigno). Il tipo di vino derivato possiede un sapore asciutto, fresco, leggermente ammandorlato ed un profumo delicato, leggero, persistente, di giusta acidità fissa: queste caratteristiche lo rendono insuperabile con il pesce, le carni bianche, i piatti di pasta e verdure, le minestre, i formaggi, la focaccia novese, gli antipasti e come aperitivo. Dal vitigno Cortese derivano cinque vini, tre dei quali prodotti esclusivamente nella provincia di Alessandria: Gavi o Cortese di Gavi (D.O.C.G.); Colli Tortonesi: Cortese (D.O.C.); Cortese dell'Alto Monferrato (D.O.C.); Monferrato Casalese Cortese (D.O.C.); Piemonte Cortese (D.O.C.)

MOSCATO
II moscato è una delle varietà più antiche e coltivate: proveniente dall'Asia Minore, fu diffuso in tutto il bacino dei Mediterraneo dai marinai greci e fenici. Le uve di Moscato, danno un vino unico in tutto li mondo che in Piemonte ha trovato la propria zona d'elezione, in particolare sui terreni dell'acquese e dell'astigiano. Gioioso, dolce al punto giusto, di alcolicità tollerata da tutti, di sapore e aroma muschiato è vino da rinfreschi e da dessert se il sodalizio con i dolci classici della tradizione piemontese (panna cotta, crostate di frutta, paste a base di ricotta) e gli insaccati è perfetto, provocatorio ma affascinante è l'abbinamento, consigliato da alcuni chef, con le ostriche. Quattro sono i vini, prodotti nella provincia alessandrina, derivati da uve di Moscato Bianco: Asti o Asti Spumante (D.O.C.G.); Moscato d'Asti (D.O.C.G.); Piemonte Moscato Passito (D.O.C.); Piemonte Moscato (D.O.C.)

BRACHETTO
E' un vitigno a bacca nera che ha cominciato a far parlare di sé nella prima metà del '900 anche se è certamente di insediamento antico nelle zone dell'astigiano e dell'alessandrino. Il Brachetto, infatti, fa parte di quelle varietà di uve a sapore aromatico che si diffusero in Piemonte a partire dal XV sec. d.C. per produrre vini dolci e liquorosi, ricercati dalle mense raffinate soprattutto verso la fine del secolo scorso. Dolce, morbido, il vino di Brachetto ha un colore rosso rubino chiaro, talvolta rosato ed un profumo muschiato in cui si colgono, tra i sentori di frutta matura, suadenti ed intense note di rosa bulgara e di viola che conquistano gli amanti dei vini delicatamente aromatici.
Per le sue caratteristiche è un vino da gustare giovane, quando esprime tutta la fragranza dell'uva: ogni variante di Brachetto si armonizza alla perfezione con la frutta secca o poco acida, specialmente con pesche e fragole, con i salumi e con la pasticceria secca piemontese.
Nella variante spumante è, talvolta, proposto come aperitivo.
Due sono i vini, prodotti nella provincia di Alessandria, derivanti da uve di Brachetto: Brachetto d'Acqui o Acqui (D.O.C.G.); Piemonte Brachetto (D.O.C.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 


 

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